Italiani : un popolo di santi, navigatori e (cattivi) risparmiatori


Cosa è rimasto della capacità di risparmio da tutti riconosciuta a noi Italiani?

Senza dubbio un patrimonio immobiliare consistente ed una montagna di liquidità sui conti correnti.

A riprova del fatto che gli Italiani, pur risparmiando, non sono in grado di prendere adeguate decisioni di investimento. 

E' chiaro che detenere per molto tempo liquidità sui conti, quindi non investita, espone ad una perdita sicura.Il motivo è l' erosione del potere di acquisto causata dall'inflazione, come si evince dalla figura


La figura sottostante,invece, dimostra come il patrimonio immobiliare abbia avuto negli ultimi anni delle perdite consistenti.

Il paradosso italiano


La conferma che gli italiani investano male i loro risparmi viene dal Global Investor Study del 2019 di Schroders studio dal quale emerge da un lato il paradosso per cui i risparmiatori italiani vogliono ottenere rendimenti a fronte di rischi nulli, dall'altro il fatto che si lasciano guidare dalla emotività soprattutto nella scelta del timing di entrata e di uscita dagli investimenti: a fine 2018 il 64% degli italiani, secondo quanto riportato dallo studio, ha cambiato il profilo di rischio dei propri investimenti in seguito al crollo dei listini azionari trovandosi quindi in difficoltà rispetto alla loro ripresa nei primi sei mesi del 2019.

Il problema si pone in tutta la sua gravità in virtù del fatto che gli investitori italiani, pur così avversi al rischio, si attendono dai loro investimenti, nel prossimo quinquennio, un rendimento totale dell' 8,1% annuo ( la cosa non dovrebbe far sorridere considerato che gli italiani sono anche il popolo che spende di più in slot e lotterie). La contraddizione non è solo nelle speranze ma anche nei fatti: gli italiani da un lato desiderano ritorni più elevati in un prossimo futuro che, ricordiamo, è fatto di tassi negativi sui bond governativi, dall'altro utilizzano cautela e dimostrano insicurezza come testimoniano gli oltre 1100 miliardi di euro detenuti sui conti correnti.

I risparmiatori italiani, per tutti questi motivi, sono le vittime perfette della trappola della liquidità : sacrificano il presente ( non spendono) sull'altare del risparmio e nello stesso tempo sacrificano anche il futuro, non investendo i loro risparmi, ossessionati dal rischio e dalle oscillazioni dei mercati. Questa particolarità del risparmiatore italiano ha già prodotto, stando ad una ricerca di Allianz ed Euler Hermes, i suoi deleteri effetti in maniera considerevole.

Come si evince dalla figura, 100 euro investiti da un italiano nel 2003 sarebbero diventati 124 nel 2017. Con gli stessi 100 euro iniziali un risparmiatore finlandese avrebbe ottenuto 221 euro, un tedesco 171 ed uno spagnolo 172.

In pratica i finlandesi, i tedeschi, gli olandesi, gli irlandesi ed anche gli spagnoli hanno capito che gli investimenti nei mercati azionari rendono di più. In questo modo lasciano che il denaro lavori per loro. 

Viceversa gli italiani, lasciando riposare i propri soldi sui conti corrente, si ritrovano a lavorare per essi.


Orizzonte temporale di breve periodo


Lo studio sottolinea inoltre che gli investitori italiani continuano ad avere un approccio di breve termine negli investimenti cambiando asset allocation ( cioè la composizione del portafoglio di investimento) in media ogni 2,2 anni. La cosa preoccupante è che, per i Millenials, il dato scende a 1,9 anni.

Come anticipato, in considerazione di quanto avvenuto a fine 2018, in questo inizio 2019 gli italiani hanno preferito detenere liquidità, mal ripagata quando non erosa dall' inflazione, piuttosto che cercare forme alternative di investimento.

Il 58% degli italiani, sempre secondo lo studio di Schroders, sarebbe ancora intenzionato ad indirizzare le proprie risorse verso investimenti a basso rischio. 

Tutto questo in un contesto in cui, come si evince dalla tabella, i ritorni sui bond governativi europei sono tutti negativi fino a 10 anni ed in alcuni casi fino a 30


La ricetta per il futuro


Ovviare a questa situazione oltre ad essere necessario è anche possibile. Occorre non solo mantenere i nervi saldi, ma anche (e forse soprattutto) investire in educazione: un investitore educato è molto più consapevole, un investitore consapevole investe il proprio risparmio dopo aver analizzato il budget familiare, tenuto conto dei flussi di cassa, definita la propria tolleranza al rischio, fissati gli obiettivi di investimento e le loro scadenze temporali.

Un investitore consapevole, soprattutto, commette meno errori imputabili alla emotività.

Rendere gli investitori sempre più consapevoli è, non solo a mio avviso, il valore aggiunto di avere, al nostro fianco, un Consulente Finanziario che ci segua e ci supporti nelle scelte di investimento.


Il valore della consulenza


La consulenza, intesa come pianificazione finanziaria, può generare benessere e sicurezza psicologica nonché incrementare la ricchezza nel tempo dell’investitore.

 Vanguard, considerata da tutti il pioniere degli investimenti indicizzati a basso costo, in una ricerca del marzo del 2014 ha individuato le fonti del potenziale extra rendimento ottenibile dai clienti che si affidano ad un consulente e che può arrivare ad un 3% netto annuo in più rispetto ad un cliente “medio” che non fruisce del supporto di un consulente. 

Le fonti di valore aggiunto sono state individuate nei comportamenti professionali del consulente, nello specifico:
a) Il coaching comportamentale consiste nell’ aiutare i clienti ad assumere una prospettiva di lungo termine ed un approccio disciplinato che permette loro di mantenere l’allocazione del portafoglio a dispetto della volatilità dei mercati. Esso da solo può aggiungere un rendimento addizionale fino all’1,50%;
b) La diversificazione efficiente delle risorse, che permette di costruire portafogli coerenti con gli obiettivi di investimento (e dunque con i diversi orizzonti temporali) ed ampiamente diversificati sulle principali asset class. Essa genera un rendimento aggiuntivo fino allo 0,75%;
c) L’ottimizzazione della strategia di disinvestimento, ovvero una efficace allocazione delle risorse in funzione delle spese programmate nel tempo, che comporta un valore potenziale fino allo 0,70%;
d) La implementazione efficiente del portafoglio, che comporta l’utilizzo di strumenti finanziari con un basso expense ratio, quali fondi comuni indicizzati ed ETF, che possono contribuire a migliorare la redditività del portafoglio fino allo 0,45%;
e) Il ribilanciamento del portafoglio, ossia il mantenimento del profilo di rischio/rendimento nel tempo mediante la riallocazione periodica delle risorse in relazione agli obiettivi dell’investitore, che può generare un incremento fino allo 0,35%

Non resta che affidarsi, voi lo state facendo?


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